L’entrata in vigore del bail-in (normativa per il salvataggio delle banche che prevede che in caso di fallimento delle stesse rispondano per primi gli azionisti, poi gli obbligazionisti e infine i correntisti sopra i 100 mila euro) ha messo in luce tutta la fragilità del sistema bancario: la bolla è scoppiata.
Due grandi banche italiane in particolare, Monte Paschi di Siena e Unicredit, sono alla ricerca di grossi investitori mondiali che le rimpolpino con capitale fresco.
Piano salvataggio Monte Paschi di Siena: cosa è stato deciso
Nella riunione dello scorso 24 novembre, gli azionisti di Monte Paschi di Siena hanno approvato il piano di salvataggio predisposto dagli azionisti come compromesso in una sorta di accettazione del male minore: ma è proprio così? Il pericolo maggiore è stato scongiurato?
Oltre all’abbattimento del capitale per perdite e al raggruppamento delle azioni, l’ordine del giorno dell’incontro ha toccato il delicato argomento dell’aumento del capitale, un’operazione di 5 miliardi (che si aggiungono ai 15 già erosi negli ultimi otto anni) che potrebbe essere ridotta grazie all’apporto patrimoniale della conversione dei titoli subordinati in azioni. Cosa significa convertire le obbligazioni subordinate in azioni? Semplicemente trasformare il risparmiatore da obbligazionista, quindi colui che ha concesso un prestito nei confronti della banca, ad azionista, cioè un socio della banca che se ne assume da più vicino il rischio.
La conversione prevedeva la trasformazione del titolo subordinato in contanti per l’85% o il 100% del valore nominale dell’obbligazione. Contanti che, però, restano vincolati alla sottoscrizione di azioni MpS di nuova emissione. In altre parole, gli azionisti Mps si sono accollati le sofferenze bancarie, ovvero i prestiti erogati dalla banca che ancora oggi i debitori non riescono a ripagare.
I fattori di rischio per il salvataggio Monte Paschi di Siena
Ma quali incognite pesano sul piano di salvataggio MpS? In primis un fattore politico legato al referendum costituzionale. Il suo esito negativo con conseguente dimissioni del premier Renzi, grande sostenitore della causa Monte Paschi, non favorisce minimamente il successo del salvataggio. Inoltre, non si può trascurare il rischio di ricorsi legali: già nel 2010 la Banca d’Italia aveva confermato perdite sui derivati Alexandria e Santorini, le scommesse speculative che avevano procurato il buco di quattro miliardi.
Piano salvataggio banche: anche Unicredit al bivio
Non facile anche la situazione di Unicredit, tra aumenti di capitale e dismissioni accelerate. Essendo una banca sistematica, Unicredit è inevitabilmente coinvolta nelle iniziative volte al sostegno del sistema bancario italiano e, in particolare, nelle operazioni di aumento del capitale e di gestione delle sofferenze. Come riporta il Sole 24 Ore (03/12/16 pag. 27), pare che sul mercato la banca debba raccogliere oltre 10 miliardi, somma non proprio trascurabili.
il rischio delle banche e della loro cattiva gestione è sempre più addossato a quei risparmiatori che continuano, nonostante tutto, a vedere la banca come un istituto sicuro e infallibile. Ma qualche campanello d’allarme si sente già da diverso tempo e la soluzione è sempre quella di evitare di concentrare le proprie risorse in un unico istituto o strumento e seguire il sano e buon principio della diversificazione.