Mentre l’Occidente fa i conti con la Brexit, l’ascesa della destra di Alternative für Deutschland e le teorie isolazioniste di Donald Trump, c’è chi spinge sulla globalizzazione e sulle sue opportunità. Si tratta di Paesi come Cina e India, che sempre più si presentano come economie in grado di guidare il mercato. Ecco una riflessione in seguito al G20 che si è tenuto ad Hangzhou il 4-5 settembre scorso.
Cina a caccia di maggior globalizzazione
La seconda economia del mondo ha invocato maggiore globalizzazione, invitando le potenze riunite ad agevolare scambi e investimenti internazionali. Una richiesta, quella cinese, che non stupisce visto che, a conti fatti, la Cina ha beneficiato della globalizzazione in maniera consistente: il Pil oggi è sei volte quello del 2001 (anno del suo ingresso nell’Organizzazione mondiale per il commercio) mentre il suo Pil pro capite è passato da 1.000 a 8.000 dollari Usa e il suo export commerciale è cresciuto dell’850%.
L’India sorpassa la Cina?
Una leadership, quella cinese, indiscussa… almeno fino a qualche tempo fa. Fattori come la crisi demografica e il cambiamento della domanda estera dovuta alla crisi hanno contribuito a un mutamento di strategia che ha spinto Pechino a costruire un nuovo sistema, costituito da più consumi interni e minore dipendenza dal settore export, con priorità sull’innovazione.
Da tempo la Cina è sotto accusa perché non prevede per i capitali stranieri la stessa apertura che l’Occidente concede invece a quelli cinesi. Alla vigilia del G20 Obama aveva precisato che la Cina non può pretendere di “seguire solo le politiche mercantilistiche che tornano a suo vantaggio”. Una delle richieste statunitensi è stata proprio quella di “garantire a tutte le aziende la stessa opportunità di competere in Cina in maniera equa”.
A farsi spazio in modo insistente in questo panorama è l’India: nel 2015 si è verificato per la prima volta il sorpasso sulla Cina con una crescita del prodotto interno lordo del 7,5%. Grazie a questo risultato quella indiana si è attestata come l’economia che cresce più velocemente al mondo.
Da questo quadro emerge quindi una riflessione importante: mentre in Europa si lotta per una crescita dello “zero virgola“, esistono ancora paesi virtuosi con margini di crescita interessanti, che si traducono in grosse opportunità alle quali guardare.