La banca nasce per esercitare la sua principale attività: raccogliere fondi dai risparmiatori e concedere prestiti a imprese e famiglie per le loro esigenze di investimento e consumo. Se la banca, però, non valuta attentamente le capacità di rimborso di chi chiede il prestito, crea un circolo vizioso che arresta la concessione dei prestiti, ferma gli investimenti e quindi l’intero sistema economico.
Questo è quello che è successo negli ultimi anni. Si sente spesso parlare di crediti deteriorati, i cosiddetti non performing loans (Npl ), di cosa si tratta? Nient’altro che della somma di tutti quei prestiti che sono stati concessi e mai ripagati. A quanto ammontano oggi in Italia gli Npl? La somma complessiva lorda tra tutte le banche è di 330 miliari di euro (dati prelevati dal Sole 24 Ore di sabato 18 febbraio 2017), ma se teniamo conto delle riserve accantonate dalle banche in questi anni per far fronte a queste evenienze la somma netta si attesta a 86,9 miliardi di euro, una cifra enorme, la più alta in Europa. Se confrontassimo il rapporto tra la somma di questi crediti malati e di quelli erogati (Npe ratio), a fare peggio di noi sono solamente Grecia, Portogallo e Cipro.
Il bivio delle banche
Per risolvere questa situazione, le banche possono procedere in due direzioni: gestire internamente i crediti non ripagati o vendere a blocchi questi crediti a società specializzate nella gestione degli Npl. Ad oggi sembra proprio che la seconda scelta sia quella più gettonata. Ma a che prezzo? Unicredit sarà la prima banca a procedere alla svendita dei propri crediti malati e si stima che saranno svenduti al 12,9% del loro valore. Immaginate quindi di acquistare una qualsiasi cosa, un terreno, un casa, un’attività commerciale ad un prezzo di 100.000€ per poi rivenderla a 12.900€. Un bell’affare no?! Oggi le principali banche si stanno preparando a trasferire flotte di questi crediti per importi molto ingenti, ad esempio: Monte Paschi di Siena trasferirà 28,5 miliardi; Unicredit ha un piano triennale di svendita per 37,2 miliardi; le banche popolari venete 9,5 miliardi, Banca Intesa ha un piano triennale di smobilizzo da 18 miliardi; Banco Bpm e Carige presentano piani triennali rispettivi da 8 miliardi e da 3,7 miliardi e Creval con la liquidazione di 1,5 miliardi.
La comodità di non gestire i propri problemi e di venderli velocemente ha però un prezzo molto alto da pagare: uno studio di Bankitalia ha definito un tasso di recupero del 47% del valore degli Npl gestiti internamente, contro il 23% recuperato dai crediti deteriorati venduti. Svendere immediatamente gli Npl significa quindi perdere valore delle attività della banca e quindi distruggere ricchezza degli azionisti della banca stessa.
Questo è sicuramente uno degli aspetti da tenere presente quando si pensa alla possibilità di investire acquistando azioni o obbligazioni bancarie.