Fondi di casa: il risparmio gestito è trasparente?

Bankitalia promuove la trasparenza dei costi dei fondi di casa: nel biennio 2014-2015 ben l’85% delle ispezioni nella Sgr (Società di Gestione del Risparmio) si è concluso positivamente. Ma è veramente così? A scavare, neanche troppo in profondità, emerge un quadro differente.

In quest’ottica si inserisce la questione delle  “performance fee”, in italiano “commissioni d’incentivo”. Queste commissioni altro non sono che una “tassa” supplementare sul risparmio che però non viene incassata dallo Stato ma va ad arricchire banche e società di gestione di fondi d’investimento. E la cosa più grave è che non sempre su queste voci c’è trasparenza.

Turnover di portafoglio: perché l’obbligo è venuto meno?

Dal 2000 è venuta meno la pratica di indicare nella rendicontazione semestrale anche i costi che il sottoscrittore del fondo doveva sostenere per la negoziazione dei titoli inseriti nel portafoglio. Come palliativo nel 2006 è stato introdotto l’obbligo di indicare il turn-over di portafoglio, allo scopo di rendicontare quantomeno i movimenti esagerati dei portafogli volti a gonfiare i costi di transazione. È stato subito evidente l’errore nella formulazione della Commissione Europea perché era stato sottostimato il dato, che in alcuni casi giungeva al paradosso del valore negativo. Così la Direttiva 2009/65/CE (detta anche Ucits IV) sul mercato unico è andata oltre e, invece di revisionare la formula, ha abolito drasticamente l’obbligo di turn over del portafoglio.
Va detto che se una Sgr (Società di gestione del Risparmio) compie più operazioni fuori mercato con società dello stesso gruppo, può determinare un guadagno dovuto all’attribuzione di operazioni riuscite alla casa madre e assegnazione di quelle in perdita al fondo. In sintesi, se l’operazione va bene la registro mentre se l’operazione non è riuscita assegno la perdita al fondo.

Quale soluzione?
Per la massima trasparenza occorrerebbe:

  • proibire le operazioni in house, quindi operazioni tra società appartenenti allo stesso gruppo;
  • imporre la pubblicazione, almeno a cadenza mensile, del portafogli del fondo;
  • esplicitare questo costo in modo inequivocabile;
  • calcolare il valore delle quote riducendo ogni mese (o trimestre o anno) il numero di quote del cliente pari agli oneri da versare (sulla scia di quanto avviene ad esempio per il pagamento dell’imposta di bollo).

Ad oggi i principali attori del mercato italiano adottano meccanismi opachi che permettono di gonfiare gli utili delle banche e che in contropartita tosano il rendimento finale del cliente.

Come accennato, alcuni rimedi potrebbero essere attuati per offrire al cliente degli strumenti di valutazione che possano servire per determinare la bontà della gestione in concomitanza al vero costo che sostengono.

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Maurizio Carelli

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