Con l’ultima versione dei metodi di riscatto di laurea introdotta con il Dl 4/2019, le possibilità di riscatto diventano tre: quello standard, quello riservato agli “inoccupati” (ovvero ai laureati che non hanno versato alcun contributo per i quali il riscatto può essere effettuato da un soggetto che li ha fiscalmente a carico) e quello “light”. La scelta da fare sarà tra riscatto della laura o creazione di una posizione previdenziale attraverso forma pensionistica privata, ma qual è l’opzione più conveniente?
I tre riscatti di laurea
L’obiettivo principale del riscatto di laurea è di andare prima in pensione. Una delle variabili importanti da tenere in considerazione in fase di scelta sarà quella dello sviluppo demografico della popolazione italiana: quest’ultima andrà sicuramente verso un invecchiamento generale, questo farà salire la spesa pensionistica e di conseguenza potrà provocare, facilmente, revisioni su regole, età di pensionamento e assegni pensionistici. Inoltre, è da tenere in considerazione che riscattare la laurea significa incrementare le mie risorse alla Gestione Inps, concentrando così il rischio su un unico ente e non rispettando la regola aurea della diversificazione del proprio patrimonio.
Ad oggi sono previsti tre tipi di riscatti di laurea:
- Ordinario – attivo dal 2007, è accessibile ai lavorati dipendenti iscritti a tutte le Gestioni Inps e che hanno conseguito il diploma di laurea successivamente al 31 marzo 1996. Il riscatto può anche essere parziale e sarà possibile riscattare solo i periodi di studio nella quale non si siano svolti lavori anche occasionali. Il riscatto è totalmente deducibile.
- Forfait – riservato alle persone che non abbiano mai lavorato né versato contributi ed è appunto previsto un importo forfettario pari a 5.240 euro per ogni anno di laurea. Se il richiedente è fiscalmente a carico, può essere detratto il 19% della spesa.
- Agevolato: rappresenta la novità normativa, che da la possibilità di sostenere un onere fisso a 5.240 euro come la versione forfait ma per chi ha meno di 45 anni. Rispetto al regime ordinario, il risparmio in sarà di circa il 60% (Il Sole24Ore-la guida rapida “Il riscatto della laurea”).
Il fondo pensione
Opzione più valida, in quanto più indipendente dagli adeguamenti di spesa, è il contributo volontario ad un
fondo pensione. L’obiettivo principale in questo caso non è quello di andare in pensione prima, ma di creare un salvadanaio previdenziale che possa affiancare una pensione pubblica scadente.
Quanto mi gioverebbe versare la stessa cifra che destinerei al riscatto di laurea (circa 25.000 euro, considerando 5.240 euro per i 5 anni universitari) nel salvadanaio pensionistico?
- profilo basso rischio per un lavoratore sulla cinquantina (si ipotizza una gestione obbligazionaria con un rendimento del 2% annuo per 10 anni, periodo realistico prima dell’età pensionabile): i nostri 25.000 euro versati per il riscatto, si trasformerebbero in 10 anni in 30.500 euro, che si tradurrebbero in 2.100-2.300 euro di pensione integrativa annua e quindi 175-190 euro mensile.
- profilo rischio aggressivo per un giovane lavoratore (si ipotizza un versamento di 1.250 euro l’anno per 20 anni, gestiti attraverso un mercato azionario con un rendimento ipotetico del 4% all’anno): dopo 30 anni, di cui 20 di versamento e ulteriori 10 di mantenimento, il capitale avrà un controvalore di 57.000€, che si traduce in una pensione integrativa annua di 3.750-4.000 euro ovvero 310-330 euro mensili.
Infine, è da tenere in considerazione anche il grosso vantaggio fiscale dei versamenti volontari nel fondo pensione che permettono di
dedurre fino ai 5.164,57 euro l’anno.
A questo punto resta a voi la scelta.