A un anno dalla nascita dei Pir (Piani individuali di risparmio) possiamo tirare le somme per capire risultati e impatto di questo strumento. Il resoconto è più che positivo: il Pir ha avuto un enorme successo, la raccolta registrata nel suo primo compleanno, a fine 2017, è di 11 miliardi di euro. Considerando che ciascun investitore può inserire un importo massimo annuo di 30.000€ e semplificando il calcolo, risulta che sono stati più di 350.000 i soggetti che hanno aderito all’iniziativa che sostiene le piccole e medie imprese italiane (pmi).
I risultati
L’effetto Pir si è dunque fatto notare soprattutto sui titoli delle piccole e medie imprese italiane che non sono abituate ad un gettito di risorse così elevato. Si rileva infatti un rialzo delle quotazioni azionarie di questi titoli del 20% e un rialzo del 30% dei relativi multipli, come il P/e cioè il prezzo dell’azione diviso i suoi utili. Oggi infatti il rapporto P/e delle pmi rispetto alle società a maggiore capitalizzazione viaggia ad un valore del 27% in più rispetto ad una media che si aggira intorno al 30% (Plus24 del 16 dicembre 2017).
Possibile bolla?
Questo spaccato sta a significare che, ad oggi, è difficile parlare di bolla speculativa dato che il valore si attesta intorno alla sua media e che nei momenti di grande stress, come quello post Lehman Brother, il valore è salito al 60% in quanto le piccole società sono state identificate come bene rifugio.
La maggior parte degli investitori ha aderito a questa iniziativa per il grosso vantaggio fiscale dello strumento, ovvero l’esenzione della tassazione dei profitti qualora il Pir venisse mantenuto per almeno 5 anni. Ciò significa che l’investitore non sarà disposto a vendere il Pir prima di questo arco temporale per non perdere il beneficio e quindi sarà indotto a mantenere lo strumento, dando di conseguenza maggiore stabilità alle quotazioni del mercato italiano. Altro aspetto da tenere in considerazione è che la maggior parte delle persone che ne avrà la possibilità economica, provvederà a versare nello strumento 30.000€ all’anno, fino al massimo raggiungibile per persona di 150.000€. Queste nuove risorse daranno sostegno alle quotazioni fornendo nuova linfa ai titoli delle società.
Una bella novità
Al contrario della poca chiarezza iniziale, l’agenzia delle Entrate ha confermato con trasparenza il mantenimento dell’esenzione fiscale sui guadagni dei prodotti anche in caso di decesso dell’investitore precedente ai 5 anni: proprio perché il piano si interrompe per una causa imprevista, gli eredi manterranno il diritto di esenzione.
Per tutti i motivi presentati, i Pir rimangono uno strumento interessante, da utilizzare sotto consiglio di un esperto con la giusta cautela e proporzione rispetto alla totalità dei propri investimenti, ricordando che per natura ha una forte concentrazione geografica d’investimento in Italia (almeno il 70% dello strumento deve essere investito in Italia). Un’attenzione particolare va poi data ai costi di alcuni prodotti Pir offerti dalle società più blasonate, che molto spesso non aggiungono alcun valore in relazione al costo maggiorato.